perchè questo blog?

L'Italia è diventata da anni paese di immigrazione ma da qualche tempo si registra un crescere di fenomeni di razzismo. Dopo la morte di Abdul, ucciso a Milano il 14 settembre 2008, ho deciso che oltre al mio blog personale avrei provato a tenere traccia di tutti quei fenomeni di razzismo che appaiono sulla stampa nazionale. Spero che presto questo blog diventi inutile...


martedì 22 dicembre 2009

Carcere di Teramo, muore il «negro» Il detenuto testimone del pestaggio

“Forse è vero che il carcere di Teramo, come scrive oggi un grande quotidiano, nasconde dei “misteri”. Non sappiamo, ma in ogni caso è certo che a Teramo si è verificato l’ennesimo caso di “abbandono terapeutico”, se è vero che un detenuto nigeriano, Uzoma Emeka, sentitosi male alle 8.30 è stato ricoverato in ospedale quasi cinque ore dopo. Ora, va da sé, si parla di “morte per cause naturali”: ma sappiamo che oltre il 50% dei decessi in cella è classificato come dovuto a “cause da accertare”. Autolesionismo, abusi, morti improvvise, overdose presentate come suicidi, suicidi presentati come overdose, mancato aiuto, assistenza negata, è un vero e proprio regime di omissione di soccorso quello che governa il sistema penitenziario italiano. Sullo sfondo di questo tragico avvenimento, l’ultimo di una lunga teoria di morti o inspiegate o sospette, c’è la vicenda del “negro ha visto tutto”, del “massacro” involontariamente confessato, dei testimoni che esitano a parlare. Forse non ci sono “misteri” nel carcere di Teramo, ma certamente c’è un bubbone che va eliminato.”

fonte: A buon diritto

"Parcheggi gratis per le famiglie esclusi stranieri e coppie di fatto"

Come si fa a cacciare gli immigrati dal centro del paese? L’idea della giunta leghista di Alzano Lombardo, nella Bergamasca, è semplice e molto pratica: impedendogli di parcheggiare. Le strade sono strette e piazzare l’auto è un’impresa. Ora il Comune costruirà dei box, ma solo per "cittadini italiani". Se poi i vigili del sindaco Roberto Anelli saranno implacabili e termineranno l'opera a suon di multe (etniche), il disegno sarà completato.

Il centro di Alzano non è affatto un paradiso: molte case sono fatiscenti e la zona si sta spopolando (ma non di immigrati, arrivati al 14 per cento). Come rimedio al degrado, gli amministratori vogliono ora convincere le giovani coppie a stabilirsi lì con un pacchetto di sgravi fiscali e contributi a fondo perduto. Ciliegina sulla torta, il parcheggio auto riservato. E se poi ne approfittano gli immigrati?, è stato a lungo il tormento dell’amministrazione leghista. La soluzione è stata trovata mettendo in coda al provvedimento una clausola verde padania: "solo per i cittadini italiani".

L’opposizione ha protestato, chiedendo di adeguarsi al modello seguito nell’assegnazione dei contributi a chi ha perso il lavoro. E cioè uno sbarramento per chi abbia meno di 5 anni di residenza nel territorio, immigrato o autoctono. Niente da fare: Lega e Pdl hanno votato compatti e la "clausola verde" è passata. Ad Alzano Lombardo si celebra ogni estate la più antica e gloriosa festa leghista, la "Berghem Fest", che ormai è giunta al ventesimo anno e ospita sempre i massimi leader del partito.

fonte: Repubblica

domenica 20 dicembre 2009

Ospitalità? Parenti stranieri, ma solo se c'è spazio

Giro di vite leghista sugli ospiti delle famiglie straniere.
A Montecchio Maggiore (Vicenza) familiari e conoscenti dovranno fare a turno per soggiornare nelle case dei propri amici. Il sindaco Milena Cecchetto infatti ha deciso di estendere l’applicazione dei parametri abitativi anche all’ospitalità temporanea.

Dunque d’ora in poi nel comune vicentino anche i cittadini stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno non potranno ospitare persone (neppure per una sola notte) se la loro presenza comporta il superamento del numero massimo previsto dal dimensionamento dell'alloggio.
Nel dubbio basterà rispettare la rigorosa tabella: una superficie minima di 41 metri quadrati per 1 persona, di 60 per 2 persone, di 70 metri quadrati per 3 persone, 85 per 4,95-5, 110 metri quadrati per 6 persone.

Tra i requisiti abitativi richiesti poi, anche l’obbligatorietà per ogni alloggio di disporre di una stanza da soggiorno o cucina di almeno 15 mq. Le dimensioni minime delle stanze da letto sono le seguenti: 9 metri quadrati per 1 persona, 14 per 2 persone e 21 metri quadrati per 3. Naturalmente le regole valgono per tutti gli ospiti, italiani esclusi.

fonte: Antefatto

giovedì 17 dicembre 2009

Per non dormire in strada

Occupano una scuola abbandonata per non dover dormire in strada. È la situazione di decine di rifugiati africani che questa notte hanno cercato riparo nell'ex liceo Socrate, a Bari. Sono centotrentotto tra eritrei ed etiopi, e hanno dormito all'aperto per mesi in attesa che le strutture comunali fossero in grado di accoglierli. L'attesa è stata vana e ieri sera i rifugiati hanno deciso di occupare la ex scuola, un edificio ora dismesso.

Accoglienza. La situazione va avanti da tempo, ma si è aggravata negli ultimi due mesi. I rifugiati politici che arrivano nel capoluogo pugliese vengono inizialmente ospitati nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), per un periodo che può durare da cinque a sette mesi. Quando però si tratta di garantire quella che viene definita la 'seconda accoglienza', i dormitori e le mense del Comune di Bari si rivelano insufficienti ad ospitare tutti i rifugiati che si trovano in città.

Ferrhotel. Pur ammettendo l'inadeguatezza delle attuali strutture, l'amministrazione locale non ha saputo proporre soluzioni alternative, costringendo i migranti a dormire per le strade. Così alla fine di ottobre un gruppo di rifugiati somali ha occupato uno stabile abbandonato di proprietà di Grandi Stazioni, il Ferrhotel. Dopo le resistenze iniziali, il Comune ha intavolato con la proprietà un accordo per ottenere il comodato d'uso dell'edificio, permettendo agli occupanti di restare. Ma a condizioni che rimangono precarie: ci sono volute tre settimane per l'allaccio dell'acqua e ancora non c'è la luce.

fonte: Peacereporter

martedì 15 dicembre 2009

Censimento o schedatura?

Milano come punto di partenza per controllare la comunità islamica italiana. Così ha deciso il ministro dell’Interno Roberto Maroni, che ha concordato con il prefetto Gian Valerio Lombardi le misure necessarie a censire gli islamici residenti nel capoluogo lombardo. “I miei uffici nei giorni scorsi hanno avviato i lavori per censire, quartiere per quartiere, la presenza della comunità islamica. A chiederci di muoverci in questa direzione è stato lo stesso ministro”, ha dichiarato il prefetto.

Censimento. La decisione è arrivata dopo il colloquio del 1° dicembre scorso tra Maroni, Lombardi e il sindaco Letizia Moratti. L’obiettivo dichiarato è conoscere il numero di fedeli che necessitano di un luogo di culto a Milano. Ma la misura servirebbe anche a monitorare la comunità islamica per evitare il ripetersi di episodi come l’attentato dello scorso 12 ottobre alla caserma Santa Barbara. Raggiunto telefonicamente da PeaceReporter per un chiarimento, il prefetto ha fatto sapere di essere troppo impegnato per rispondere alle nostre domande.

Database. Una prima spiegazione arriva due giorni dopo dall’assessore regionale all’urbanistica, Davide Boni: “Milano sarà presa a modello per una legge nazionale che regolamenti la costruzione dei luoghi di preghiera islamici nelle città italiane”. Si tratterebbe quindi, almeno inizialmente, di istituire un database sulla comunità islamica per verificare la necessità di costruire una moschea a Milano. Chi si sta occupando concretamente di raccogliere questi dati? “Il censimento dei musulmani milanesi è stato chiesto dal prefetto all’anagrafe”, spiega Boni il 3 dicembre al Giornale.

Nascondino. Quindi secondo Boni l’incarico spetta al Comune di Milano. Allora chi meglio dell’assessore ai Servizi sociali, Mariolina Moioli, per ottenere delucidazioni in merito? “Io non ne so niente. Quando il prefetto mi informerà della cosa, avrò dichiarazioni da fare. Per ora non ho nulla da dire”. Sembra che neanche in Comune sappiano qualcosa di un provvedimento annunciato pubblicamente una settimana fa. Cercato nuovamente, il prefetto è ancora irreperibile. Cosa dicono al ministero degli Interni? Introvabili i portavoce di Maroni e del sottosegretario Nitto Francesco Palma, che non rispondono neppure alle mail. Alla faccia della trasparenza delle istituzioni. Anche il direttore del centro islamico di viale Jenner, Abdel Hamid Shaari, non sa nulla dell’iniziativa. Sembra di giocare a nascondino.

Progetto di legge. Come riportato ancora dal Giornale, l’idea del ministro Maroni di proporre una legge per regolamentare la costruzione delle moschee sul suolo italiano non è una novità. Ma fino ad ora il progetto era rimasto tale. L’urgenza della situazione milanese ha prodotto inizialmente un rimpallo di responsabilità, con l’amministrazione che richiedeva una normativa al ministero e Maroni che rispondeva con un laconico “Deve decidere il Comune”. La proposta del censimento milanese come punto di partenza per una normativa nazionale ha messo d’accordo tutti: il sindaco Moratti sollevata dalla responsabilità della decisione e il ministro Maroni, che scriverà la legge dopo aver ricevuto i dati del capoluogo. Riuscendo allo stesso tempo a varare un nuovo strumento di controllo della comunità islamica.

A volte ritornano. Eppure Enzo Bortolotti, sindaco leghista di Azzano Decimo, Pordenone, il mese scorso aveva dovuto rinunciare ad un provvedimento simile, sommerso dalle polemiche e dalle obiezioni di incostituzionalità. Abbandonata dal piccolo Comune friulano, la misura viene ora riproposta a Milano, nel silenzio quasi totale dei media e delle autorità, che si sottraggono a ogni chiarimento. E il capoluogo lombardo sarà con tutta probabilità il trampolino di lancio per la normativa nazionale.

fonte: Peacereporter

A Catania bloccate per mesi centinaia di domande di rifugiati

A Catania, verso settembre c'erano 600 domande di gratuito patrocinio bloccate. Non c'è una motivazione espressa. Non viene scritta. Io ho avuto i primi provvedimenti sono stati accolti solo alcuni giorni fa, ma siamo stati per oltre un anno in assenza di provvedimenti. Il Consiglio dell'Ordine di Catania, a differenza di quanto avviene in altre città d'Italia, non comunica niente. Siamo costretti a fare la fila per sentirci dire, verbalmente: la pratica è sospesa perchè manca il documento d'identità. Noi alleghiamo alla pratica l'attestato nominativo della Questura che certifica che il ricorrente ha presentato la domanda d'asilo. Ma l'attestato per legge non equivale a un documento d'identità. Per questo l'Ordine dice: la domanda non è valida, perchè la dichiarazione di non possedere reddito, requisito per la richiesta del gratuito patrocinio, deve essere corredata di documento di riconoscimento. Questo accade a voce, senza nessuna delibera del consiglio. Questo ha sospeso i provvedimenti per mesi, fino a qualche giorno fa. Ma i passaporti queste persone non possono averli, né possono chiederli. Anche per i permessi di soggiorno si crea un problema: alcune Questure li concedono, altre no. Nei giorni immediatamente successivi alla domanda la Questura dovrebbe rilasciare un attestato nominativo, in attesa del permesso di soggiorno per richiesta asilo, che dovrebbe essere rilasciato entro 30 giorni. Ma spesso questo non accade, e questa è una cosa assurda. Così come nelle Questure non c'è una direttiva, un orientamento per queste faccende, così anche al Consiglio dell'Ordine: lo stesso richiedente asilo, con due domande distinte, una per fare ricorso al Tribunale dei minori e l'altra per il ricorso all'asilo. Una l'ammettono, l'altra no.

Così, arbitrariamente...

Senza logica.

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Italia, il diritto negato

"C'è la guerra nella zona dalla quale proviene? Si sposti in un'altra zona". L'inaudita risposta, data dal consiglio dell'Ordine degli avvocati di Trieste a una immigrata richiedente asilo, non è un'eccezione. Ma un orientamento: a Trieste gli avvocati rifiutano il gratuito patrocinio ai migranti. Sulla base di queste - e altre, ben più grottesche - motivazioni. Esempio: un altro straniero, condotto all'Ordine dal suo legale, è incorso in un singolare qui pro quo semantico. Era lì perchè apolide, e l'Ordine ha confuso 'apolidia' con 'bulimia'. "Ci dispiace, qui non trattiamo la bulimia".

Perchè accade questo? Perchè l'istituto del gratuito patrocinio, ovvero la tutela legale gratuita a chiunque sia sprovvisto di mezzi economici per pagarsela, non è redditizio. In pratica, lo Stato liquida oltre un anno dopo l'onorario dei legali. Quindi, in alcuni Consigli dell'Ordine, le istanze vengono rigettate sistematicamente. Senza una valida motivazione. Violando l'articolo 24 della Costituzione che sancisce la garanzia di accesso alla giustizia anche ai non abbienti, garanzia che costituisce un diritto inviolabile, riconosciuto all'uomo in quanto tale a prescindere dal fatto che si tratti di una persona straniera o italiana e che sia in condizioni regolari o irregolari di soggiorno in Italia.

Per il riconoscimento dello status di rifugiato, il migrante deve rivolgersi a un'apposita commissione territoriale. Se gli elementi a sostegno della sua richiesta non vengono ritenuti sufficienti, la domanda non viene accolta. Il richiedente ha la possibilità di ricorrere alla magistratura ordinaria tramite, appunto, il sostegno legale di un avvocato dello Stato. Gratuito, perchè non saprebbe come pagarselo altrimenti.

Ebbene, dal punto di visto del diritto, il Consiglio dell'Ordine di Trieste (ma secondo alcune segnalazioni ricevute da PeaceReporter, questo accade in altre città e in intere regioni) viola la Costituzione laddove lo stesso Consiglio "si attribuisce il potere di valutare pregiudizialmente la fondatezza dell'istanza di asilo... I Consigli possono elaborare al riguardo delle linee guida ad uso esclusivamente interno, ma non possono invadere la sfera tecnica di decisione sulla richiesta di asilo, affidata esclusivamente, secondo la legge vigente, alla commissione territoriale", secondo quanto spiegato da Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto privato e Diritto di asilo e statuto costituzionale dello straniero presso la Facoltà di giurisprudenza di Palermo, nonchè avvocato dell'Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione).

Ove accolto, la somma finale liquidata dallo Stato è il più delle volte irrisoria. Un esempio: il ricorso comporta il lavoro di due avvocati, uno nella città del ricorrente e l’altro nella città sede del tribunale, con viaggi da una località all’altra; se la liquidazione totale per i due avvocati è di 250 euro finisce che gli avvocati non possano rendersi disponibili per nuove cause a spese dello Stato

fonte: Peacereporter

Il razzismo delle amministrazioni locali

C’è un limite che perfino la Lega, a Roma, oggi non può superare.

L’emendamento che introduce la cassa integrazione differenziata e che ha fatto gridare alle leggi razziali però è solo un aspetto della politica discriminatoria che a livello locale diventa implacabile.

Lo dimostra ad esempio il caso di Brignano Gera d’Adda, comune in provincia di Bergamo, che ha stabilito aiuti per i disoccupati purché non siano stranieri. I sindaci sceriffo, a volte, sono più potenti dello Stato. Le ordinanze comunali anche se definite discriminatorie e anticostituzionali vengono regolarmente applicate a suon di multe e non solo.

Welcome to Padania! Dove il Pdl ha firmato delega in bianco alla Lega, che impera, sul tema dell’immigrazione. Dove la stessa determinazione che sarebbe necessaria per perseguire e punire i delinquenti, sempre più spesso, viene usata invece per stabilire e diversificare i confini tra i diritti-doveri degli italiani da quelli degli immigrati.

Come si spiegherebbero altrimenti le 800 (più o meno) delibere “dissuasive” nei confronti degli stranieri? Il primato, secondo l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), spetta alla Lombardia con 237, segue il Veneto con 102 provvedimenti, il Piemonte con 63 e il Friuli a quota 17.

Pensò bene poi il sindaco leghista Flavio Tosi che in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera spiegò che “gli unici diritti inalienabili sono quelli che riguardano la sopravvivenza”.

Esclusa ad esempio l’istruzione perché “riconoscerla significa ammettere il diritto ai clandestini a una permanenza senza limiti”. Rimanendo sulla scia dell’educazione-istruzione è certamente da ricordare il bando pubblicato dalla provincia di Sondrio che prevede l’assegnazione di alloggi per i soli studenti valtellinesi. Scelta cassata anche in sede di Commissione europea oltre che in tribunale; ma poco importa.

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domenica 13 dicembre 2009

Pap Khouma: nero, italiano e discriminato, la lettera a Repubblica

La lettera che Pap Khouma ha inviato a Repubblica ha destato parecchio scalpore. L'uomo (nella foto) è uno scrittore italiano, nero di carnagione. Khouma ha raccontato a Repubblica gli abusi e le discrimazioni nei quali si è imbattuto, essendo per giunta a tutti gli effetti un cittadino del nostro Stato.

Oggi è arrivata la reazione del ministro per le Pari Oppportunità Mara Carfagna. L'esponente del Popolo delle LIbertà ha stigmatizzato i comportamenti elencati da Khouma, invitando le persone che subiscono simili soprusi a denunciare ciò che accade alle forze dell'ordine.

Ecco uno stralcio della lettera di Khouma a Repubblica:

Mi capita, quando vado in Comune a Milano per richiedere un certificato ed esibisco il mio passaporto italiano o la mia carta d'identità, che il funzionario senza neppure dare un'occhiata ai miei documenti, ma solo guardandomi in faccia, esiga comunque il mio permesso di soggiorno: documento che nessun cittadino italiano possiede. Ricordo un'occasione in cui, in una sede decentrata del Comune di Milano, una funzionaria si stupì del fatto che potessi avere la carta d'identità italiana e chiamò in aiuto altre due colleghe che accorsero lasciando la gente in fila ai rispettivi sportelli. Il loro dialogo suonava più o meno così.

"Mi ha dato la sua carta d'identità italiana ma dice di non avere il permesso di soggiorno. Come è possibile?".

"Come hai fatto ad avere la carta d'identità, se non hai un permesso di soggiorno... ci capisci? Dove hai preso questo documento? Capisci l'italiano?". "Non ho il permesso di soggiorno", mi limitai a rispondere.
Sul documento rilasciato dal Comune (e in mano a ben tre funzionari del Comune) era stampato "cittadino italiano" ma loro continuavano a concentrarsi solo sulla mia faccia nera, mentre la gente in attesa perdeva la pazienza.

Perché non leggete cosa c'è scritto sul documento?", suggerii. Attimo di sorpresa ma.... finalmente mi diedero del lei. "Lei è cittadino italiano? Perché non l'ha detto subito? Noi non siamo abituati a vedere un extracomunitario...".

L'obiezione sembrerebbe avere un qualche senso ma se invece, per tagliare corto, sottolineo subito che sono cittadino italiano, mi sento rispondere frasi del genere: "Tu possiedi il passaporto italiano ma non sei italiano". Oppure, con un sorriso: "Tu non hai la nazionalità italiana come noi, hai solo la cittadinanza italiana perché sei extracomunitario".

Quando abitavo vicino a viale Piave, zona centrale di Milano, mi è capitato che mentre di sera stavo aprendo la mia macchina ed avevo in mano le chiavi una persona si è avvicinata e mi ha chiesto con tono perentorio perché stavo aprendo quell'auto. D'istinto ho risposto: "Perché la sto rubando! Chiama subito i carabinieri". E al giustiziere, spiazzato, non è restato che andarsene.


fonte: Ciao People

Il «bavaglio» alle associazioni divide le coscienze a Trenzano

Nervi tesi, momenti di tensione, sala consiliare stipata in ogni ordine di posto e telecamere di «Annozero» puntate sull'approvazione della mozione anti-moschee che ha portato alla ribalta nazionale Trenzano.
LA SENSAZIONE che l'ordinanza firmata dal primo cittadino Andrea Bianchi per mettere il «bavaglio» al centro culturale islamico, potessero trasformarsi in un caso nazionale, un «White Christmas» bis, c'era fin dalla vigilia del consiglio comunale di ieri. La certezza, però, la si è avuta solo poco prima dell'inizio della seduta, quando gli operatori della Rai hanno preso posto tra il folto pubblico di cittadini trenzanesi, semplici curiosi e un nutrito drappello di iscritti all'associazione islamica finita nel mirino della Giunta. Il Comune ha imposto al circolo, attraverso una chiacchieratissima ordinanza, di tenere le proprie riunioni tassativamente in lingua italiana. Il caso Trenzano è cominciato così, sabato scorso, per poi sfociare di recente nella mozione anti-moschee presentata dal centrodestra compatto, nella convocazione del consiglio comunale straordinario e nell'approvazione (10 voti a favore e 4 contrari) del documento cofirmato da Lega Nord e Pdl.
Documento nel quale si legge, tra le altre cose: «considerata la natura di moltissimi centri islamici che diventano nido di pericolosi terroristi e preso atto dell'oggettivo rifiuto dei musulmani all'integrazione, si chiede che il sindaco, la giunta e il consiglio facciano tutto il possibile per negare ogni tipo di autorizzazione e ogni possibilità di apertura sul territorio comunale di centri culturali islamici o moschea».

fonte: Bresciaoggi

giovedì 10 dicembre 2009

Treviso, Gentilini: "No ai parroci stranieri"

«Sacerdoti stranieri? No grazie». A dire la sua sui sacerdoti non italiani alla guida delle parrocchie è il vicesindaco Gentilini, che si giustifica così: «Finirebbero per essere semplici funzionari ecclesiastici - dice Gentilini - Il parroco invece deve conoscere la sua gente».

Tutto questo viene detto mentre svela il crocifisso di ferro nel giardino di palazzo Rinaldi, opera da lui voluta dopo la polemica sul simbolo sacro nata dopo la sentenza di Strasburgo.

Dichiarazioni fatte a margine della cerimonia quelle di Gentilini. «Giudico negativa la carenza di sacerdoti - premette il vicesindaco - Quando un parroco deve gestire più parrocchie, non si radica nel territorio. Devono conoscere i loro cittadini». Cosa che, secondo Gentilini, non può fare un super-parroco né tantomeno un sacerdote di origine straniera, figure sempre più diffuse in zone come Genova e Firenze e che talvolta, con la loro presenza, «tamponano» la crisi di vocazioni dei nostri connazionali.

«Gli stranieri non conoscono le tradizioni», dice il prosindaco. Sopra di lui si erge il crocifisso in ferro battuto opera di Claudio Rottin, artista di Carbonera, voluto dal vicesindaco dopo la sentenza del Parlamento europeo che vieterebbe la presenza del simbolo cristiano nelle classi e contro cui la Lega ha combattuto un’aspra battaglia.
«Riaffermiamo così la nostra cristianità» dice Gentilini. Alla cerimonia mancano rappresentanti del clero. Il crocifisso è stato messo nel giardino di palazzo Rinaldi in tutta fretta, prima di Natale, e pare senza particolari autorizzazioni o richieste.

All’ombra della croce Gentilini si lascia andare anche a un commento sul probabile nuovo vescovo di Treviso, il francescano Gianfranco Agostino Gardin. «Sono contento - dice -. Spero introduca uno spirito innovativo, ma senza disconoscere la tradizione. E poi la chiesa deve guadagnarsi la simpatia dei giovani».

fonte: La Tribuna

Cie, le nuove 'carceri' per gli immigrati

Entrando si ha la netta e sgradevole sensazione di essere in un carcere vero e proprio, Il centro si trova nell'area urbana, all'interno non c'è nemmeno un piccolo cespuglio di verde, il muro di cinta è altissimo, grigio, e numerose telecamere sono collegate alla sala di "controllo" centrale. All'interno la struttura è dotata di "cessi" alla turca, docce con il basamento in acciaio, e i lavandini oltre che per lavarsi, sono utilizzati anche per il bucato. Ci sono dodici angusti monolocali da utilizzare per i "casi particolari": coppie, famiglie e transessuali.

Il tutto si affaccia su un cortile. Molte sono le barriere e le sbarre ai finestroni e all'ingresso, i letti sono tutti fissati al pavimento con dei bulloni, perché, spiegano i guardiani, così non si possono sradicare e trasformare in armi improprie. La corrente elettrica viene rigorosamente tolta alle due di notte. Le persone rinchiuse all'interno del centro, al passaggio della delegazione, urlano che "stare lì, è peggio che essere in carcere, ci trattano come animali". Il riscaldamento è bassissimo e fa un freddo cane, c'è la corda con i panni stesi, il barbiere è a disposizione solo una volta alla settimana. I posti letto che ora sono 90, entro la fine di gennaio raddoppieranno, e l'appalto per la gestione per i prossimi tre anni, sarà affidato alla Croce rossa militare, con operatori in tuta mimetica, proprio come a Guantanamo.

Si pensi che il contratto è di 3,6 milioni l'anno, e il periodo massimo di permanenza dei trattenuti, ieri 50 uomini per lo più magrebini, e 15 donne di provenienza varia, è stato portato a 180 giorni. Un tempo inconcepibilmente lungo, anche a causa delle condizioni di detenzione, una vera violazione dei più elementari diritti umani. Il fatto che non siano più alloggiati nei container, e che il muro sia altissimo, serve solo a non infastidire la visione dei cittadini dal di fuori della struttura carceraria. Un cittadino francese dice di non riuscire a comprendere perché, giorni dopo la scarcerazione, ritenuto pericoloso e sgradito, non sia ancora stato riaccompagnato alla frontiera. Una signora senegalese è detenuta nel centro perché non le è stato consentito il ricongiungimento con il marito che ha regolare contratto di lavoro in Italia.

La domanda che mi pongo di fronte a tale visione terrificante, è se questo è il sistema più consono e razionale per gestire la richiesta di sicurezza, peraltro creata strumentalmente dal governo. Il senatore Mauro Marino, parla di "limbi" che possono diventare pericolosi, dove accanto a chi ha commesso un reato, è rinchiusa gente inerme che dovrebbe avere la possibilità di altri percorsi di integrazione. La senatrice Magda Negri mette in evidenza il problema delle pessime condizioni psico-fisiche in cui gli ospiti (che definisce "straniti") si trovano, e che sarebbe necessario perseguire la via dei rimpatri volontari assistiti, cercando soluzioni per chi torna a casa. La senatrice Anna Rossomando evidenzia i limiti e gli effetti perversi del pacchetto sicurezza,che viola i principi fondamentali dello stato di diritto, dove non vengono valutate le situazioni relative alle singole persone, della responsabilità individuale, e non generalizzato come ora avviene all'interno dei Cie. Sostiene inoltre che la durata della permanenza (sei mesi) è troppo lunga. Bruno Mellano dei Radicali, al quale pongo la domanda relativamente alla situazione di quello che è il trattamento e la tutela dei diritti, nonché le norme sull'immigrazione, e del "reato di clandestinità" nel resto dell'Europa, risponde sostenendo che loro quando erano al Parlamento europeo, hanno posto la questione alla Commissione Diritti Umani, facendo una battaglia specifica.

L'elemento specifico dell' Europa e la cittadinanza, e purtroppo l' Italia su questo ha aperto la strada ad una degenerazione, però in effetti è vero che (come dice Emma Bonino), rispetto al fenomeno dell'immigrazione, o dei flussi globali fra il sud e l'est del mondo, non ci sono dei paesi che hanno avuto delle risposte adeguate, ma le risposte dell'Italia sono le peggiori, anche rispetto al fatto che si tratta di un Paese con molta costa. Inoltre manca la consapevolezza che queste persone sono una risorsa per il nostro paese, in agricoltura come nei mestieri più umili, loro sono indispensabili, si pensi al lavoro di cura svolto dalle badanti. Dobbiamo interrogarci come sia possibile essere più all'altezza dei nostri principi costituzionali, e delle dichiarazioni universali dell'uomo, per fronteggiare il problema della sicurezza all'interno però di un regime che sia europeo, e rispettoso dei diritti umani.

fonte: Affaritaliani

mercoledì 9 dicembre 2009

Schiavi dei caporali con partita Iva

Più di 200 richieste da parte dei braccianti nigeriani in poche settimane. L'allarme della Cgil. Obbligati al lavoro autonomo per conservare il permesso di soggiorno

Ogni giorno, sveglia alle quattro del mattino. Il tempo di vestirsi e poi via, fuori dalle "baraccopoli" come le chiamano da queste parti. L'appuntamento è mezz'ora dopo, alla Rotonda di Castel Volturno, quando la luce del sole ancora non si vede. Tutti ad aspettare il bus che porta il lavoro e il "caporale" che li sceglie, li ingaggia e li carica sul furgone. Come manodopera nei campi, nella raccolta dei pomodori, come operai edili nei cantieri. Nella realtà sono lavoratori per un giorno. Nigeriani sfruttati. Mal pagati. Assimilati agli schiavi per le condizioni in cui sono costretti a lavorare. Per lo Stato, invece, sono lavoratori autonomi. Perché titolari di partita Iva. I braccianti e gli edili della comunità nigeriana di Castel Volturno da qualche mese sono costretti a fingersi liberi professionisti. A sostenere tutte le spese come se fossero piccoli imprenditori, mentre di autonomia professionale non vedono neanche l'ombra.

Il caso è scoppiato allo Sportello immigrati della Cgil di Castel Volturno, dove da qualche settimana sono arrivate tante richieste di aiuto nelle procedure burocratiche per l'apertura e la gestione della partita Iva. Più di 200 richieste in poche settimane. Troppe per essere veritiere. «Lo fanno perché sono obbligati dai datori di lavoro - racconta Michele Franco dalla Cgil di Castel Volturno - che non vogliono sostenere i vincoli del lavoro dipendente e perché così riescono a conservare il permesso di soggiorno. Negli ultimi mesi abbiamo ricevuto richieste almeno dal 30 per cento dei lavoratori nigeriani del nostro territorio». Un regolare contratto di lavoro a tempo indeterminato equivale ad un permesso di soggiorno. Il lavoro autonomo, invece, remunerato dietro presentazione di fattura emessa dal lavoratore nigeriano, gli costa un permesso a metà, della durata di sei mesi. Da rinnovare, esibendo i pagamenti eseguiti con regolarità. Al fisco viene versato più di mille euro all'anno, ne guadagnano 5 mila all'anno con difficoltà, poco più di 400 euro al mese. Cifre che escludono il compenso di commercialisti e ragionieri che curano la contabilità delle "piccole imprese".

«Non parliamo soltanto di imprese fittizie - continua Franco - In altri casi i nigeriani chiedono l'autorizzazione al Comune per ottenere la licenza per l'occupazione del suolo pubblico, come se fossero venditori ambulanti. Il guaio è che dopo un anno la licenza scade. Ma loro, a differenza dei commercianti, spesso non la rinnovano in tempo. E così perdono il permesso di soggiorno».

La comunità nigeriana conta 5 mila persone nel territorio della provincia di Caserta, il 50 per cento è impegnata nell'agricoltura (soprattutto nella raccolta di pomodori e in estate delle fragole), mentre il 40 per cento lavora nell'edilizia, nella ristorazione come camerieri, oppure nel commercio (soprattutto donne specializzate nella vendita di abbigliamento). «Eppure esiste una misura del lavoro occasionale accessorio perfetta da utilizzare in casi come questi - spiegano alla Cgil Campania - . Il pagamento avviene con voucher dell'importo di 10 euro, che include un minimo di assicurazione previdenziale e contro gli infortuni».

fonte: Repubblica via Kuda

morto "Sher Khan", leader dei clochard

E’ morto per il freddo dopo una vita fatta di grandi battaglie e di grandi difficoltà. Era di nazionalità pachistana la persona trovata senza vita questa mattina in piazza Vittorio, a Roma: Mohammad Muzaffar Alì, detto Sher Khan, 55 anni, era in Italia da molto tempo, e aveva avuto un ruolo attivo nella fondazione delle prime associazioni costituite da migranti nella capitale. Venti anni di occupazioni, manifestazioni, volantini: la sua vita erano la strada e le sue storie, soprattutto quelle degli stranieri come lui. “La sua esistenza era un vero tourbillon”, dice ora il suo avvocato, Mario Angelelli, che lo aveva incontrato per la prima volta alla Pantenella, nel 1991, e da allora ne ha sempre seguito le complicate vicende. Negli ultimi tempi, Sher Khan aveva vissuto nella struttura dell’ex Museo della Carta sulla via Salaria, stabile occupato abusivamente da gruppi di immigrati fino allo sgombero deciso dal comune di Roma il 9 settembre scorso.

Da allora viveva per lo più per strada, anche se appena qualche giorno fa era stato trattenuto al Cie di Ponte Galeria: pur avendo ottenuto lo status di rifugiato politico, infatti, ci aveva vissuto per 15 giorni. “Un evidente errore – dice l’avvocato – e infatti lo hanno fatto uscire ancora prima del nuovo incontro con la commissione che era previsto per il prossimo 14 gennaio”.

fonte: Affaritaliani

martedì 8 dicembre 2009

La Padania attacca Tettamanzi "Ma è un vescovo o un imam?"

"Onorevole Tettamanzi", titolava a tutta pagina la Padania di ieri. Nell'articolo, un affondo ancora più pesante: "Cardinale o imam? Se lo chiedono in molti. Tettamanzi la città la vive poco". L'attacco del quotidiano della Lega all'arcivescovo di Milano arriva a freddo, due giorni dopo il Discorso alla città, annuale omelia in occasione della festa patronale di Sant'Ambrogio. Discorso nel quale l'arcivescovo di Milano ha bacchettato la giunta di Letizia Moratti e le istituzioni sui temi della moralità e dell'accoglienza, esortando gli amministratori a far rifiorire il tradizionale "solidarismo ambrosiano".

Alla Padania non sono piaciute le critiche del cardinale alla recente raffica di sgomberi che ha messo sulla strada 250 rom di un accampamento abusivo alla periferia della città. Tema caro al Carroccio ribadito anche ieri sera il suo leader Umberto Bossi che da Milano, dove ha incontrato il sindaco Moratti per l'inaugurazione del presepe a Palazzo Marino, ha detto: "La gente oltre alla cristianità dà peso alla tradizione e si sente sicura quando la tradizione è rispettata". Tradizione "a rischio - secondo il ministro delle Riforme - se facciamo venire troppa gente che porta le proprie di tradizioni", e da salvare e proprio con simboli della cristianità come il presepe.

fonte: Repubblica

Morte neonata romena: indagati 11 sanitari di Palermo e Canicattì

Undici sanitari dell'ospedale di Canicattì (Ag) e dell'ospedale dei bambini di Palermo sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Agrigento per il decesso di una neonata figlia di genitori di origine romena avvenuto la sera del 3 dicembre. La piccola era stata partorita il 27 novembre su una sedia all'ospedale di Canicattì, poi era stata trasferita a Palermo quando una setticemia, partita dal cordone ombelicale, si era allargata. Lunedì l'assessore regionale alla Sanità ha inviato gli ispettori nel'ospedale di Canicattì. Anche la commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori sanitari ha annunciato l'avvio di un'inchiesta sulla morte.

INFEZIONE - Il pm Michela Francorsi, in seguito alla denuncia dei genitori, due disoccupati di Camastra, aveva deciso l'autopsia e il sequestro delle cartelle cliniche. La madre, 24 anni, aveva partorito su una sedia del corridoio del reparto di maternità dell'ospedale di Canicattì e, insieme al marito Valentin Paun, 23 anni, sin da subito ha sostenuto che l'infezione è la conseguenza delle condizioni precarie in cui è avvenuto il parto e di una serie di gravi negligenze. I medici hanno diagnosticato un'infezione che attecchisce dalla cicatrice ombelicale.

NESSUN AIUTO - I genitori hanno raccontato di avere suonato per mezz'ora alla porta del reparto, ma non ha risposto nessuno. Solo quando la piccola era stata partorita si è presentata una donna che ha tagliato il cordone ombelicale e ha accompagnato la madre in corsia. Ma la piccola si è rapidamente aggravata ed è stata trasferita a Palermo dove è morta una settimana dopo la nascita.

fonte: Corriere della Sera

sabato 5 dicembre 2009

Lite per lo stipendio non pagato Il datore uccide un immigrato

Il suo corpo è stato trovato in un canale di scolo di una risaia, nel vercellese, 35 anni immigrato senegalese, entrato in clandestinità e lavoratore in nero, ucciso dal datore di lavoro dopo una lite per un compenso non pagato per tre mesi di lavoro. L’omicida, artigiano biellese, è stato arrestato reo confesso. Le indagini sono state condotte dal nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Vercelli, che hanno ricostruito la vicenda e spiegano: due giorni fa in un canale tra le risaie del vercellese, nel comune di Arborio, è stato trovato il corpo di un immigrato. Era senza documenti i militari hanno eseguito accertamenti e attraverso le impronte digitali sono arrivati a identificare il corpo: Ibrahim M.B., senegalese di 35 anni.

fonte: Corriere della sera

venerdì 4 dicembre 2009

Razzisti senza vergogna

Bregnano è un piovoso paesino della provincia di Como, se si vuole consultare la cartografia ufficiale. Ma è anche un Comune della "locale" di Cermenate, secondo i territori con cui la 'ndrangheta ha suddiviso la Lombardia. Ed è stato perfino un avamposto segreto dei mafiosi di Totò Riina nel traffico di armi e soldi con la Svizzera. Però se leggi il programma della nuova giunta di centrodestra eletta sei mesi fa, il pericolo da combattere va sotto il titolo di "Immigrazione, sicurezza e ordine pubblico". Non un solo accenno alla piaga criminale che ha reso gli italiani famosi nel mondo. Anche perché il piano sicurezza di Bregnano non è stato pensato e scritto a Bregnano: è un banalissimo copia-incolla, paro paro, del "Programma elettorale per i Comuni 2009" sotto il simbolo "Lega Nord - Bossi", stampato e distribuito dal comitato centrale del senatur. Lui le pensa e i suoi amministratori in camicia verde le devono mettere in pratica. Sarà per questo che il neo sindaco di Bregnano, Evelina Arabella Grassi, bionda leghista di 35 anni, professione contabile, alla domanda de "L'espresso" «Qual è la chiave del suo successo elettorale? », candidamente risponde: «Sinceramente non lo so».

Ci sarebbe da ridere se non stessimo precipitando dalla xenofobia al vero razzismo. L'importante è sfruttare ogni occasione per dividere, aprire ghetti mentali e alimentare il sacro fuoco del consenso. La Svizzera boccia i minareti? Facciamolo pure noi. Anche se nessuno si è mai lamentato dell'unico, piccolo, minareto costruito al Nord, all'ingresso di Milano 2, il quartiere che rese famoso l'impresario edile Silvio Berlusconi. Il Tricolore? Mettiamoci in mezzo una croce, come vorrebbe il sottosegretario leghista, Roberto Castelli. Anche se a Venezia il suo principale, Umberto Bossi, aveva annunciato pubblicamente che con la bandiera degli italiani ci si sarebbe pulito il culo. Il risultato è un'Italia sempre più spinta verso l'apartheid e sempre meno disposta a investire sui suoi nuovi cittadini.

Grazie soprattutto a questa generazione di sindaci e assessori che con la superbenedizione del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e l'approvazione di milioni di elettori, stanno smascherando il volto della tolleranza zero. Contro le infiltrazioni di mafia e camorra? Ma no, il programma clone dei leghisti non ne parla. Altrimenti Bossi e Maroni dovrebbero spiegare ai loro elettori che ci fanno al governo dalla parte di un viceministro sotto inchiesta per camorra, come Nicola Cosentino, e nella stessa coalizione di un senatore condannato in primo grado per reati di mafia, come Marcello Dell'Utri. Più facile prendersela con gli immigrati. Non votano, non hanno partiti, non hanno sindacati, nemmeno controllano i programmi tv e al massimo possono essere espulsi.

Così perfino il mansueto Comune di Bregnano sta dando filo da torcere a una residente che dopo essere stata convocata in municipio per l'assegnazione di un monolocale, se l'è visto sfilare legalmente sotto il naso. L'interessata, 47 anni, vedova, operaia in un'impresa di pulizie a meno di 500 euro al mese, è cittadina italiana. Ma è nata in Marocco, ha un nome arabo e il suo accento non apre le vocali come fanno gli abitanti nati in questi paesi al confine tra la Brianza milanese e comasca. Per non parlare di Coccaglio, provincia di Brescia, dove la prima uscita pubblica del neo assessore alla sicurezza, Claudio Abiendi, avrebbe dovuto coprire di vergogna l'Italia intera. Perché chiamare "White Christmas" un'operazione di polizia municipale significa attribuire connotati religiosi e di colore all'applicazione della legge. E la legge, in uno Stato laico, non ha colore né religione. Invece? Invece il ministro Maroni ha approvato di persona.

segue su L'Espresso

giovedì 3 dicembre 2009

Scritte razziste sulla casa di una studentessa di colore

Ancora svastiche a casa Okorocha. Ancora odio, ancora razzismo. Un’altra volta a distanza di soli due mesi. Prima era toccato all'auto di Gloria, 24 anni, studentessa di portoghese di Galliera Veneta (Padova). Le avevano scritto «negra» sui finestrini. Mercoledì mattina la madre, Sandra Tardivo, si è svegliata e ha trovato il muro di casa imbrattato con lo spray nero. Svastiche, croci celtiche e una scritta: «negri di m… morite». «Ci vedono come un esempio di integrazione forse per questo diamo fastidio, come Balotelli, calciatore italiano di colore. Qualcuno che abbraccia concetti come la razza pura ha preso di mira la no stra famiglia». Non riesce a spiegarselo in altro modo la mamma di Gloria, pro­fessoressa di lettere che organizza corsi di italiano per stranieri. Non se c’è un seguito a una così gretta ignoranza. Stavolta però una pista c’è: una croce uncinata. La «firma» dell’autore, riconosciuta in al tri sfregi trovati nei sottopassaggi del pa ese.

Gloria, che nel frattempo si è laureata, non sa ancora niente di quanto accaduto, da un mese è in Brasile per un viaggio. «Non gliel’ho detto - racconta la madre - ho sporto denuncia per l’episodio e ho fatto cancellare le scritte, sono venuti i tecnici del comune. Ancora non mi capacito di cosa possa spingere a qualcuno a compiere simili gesti. Forse è perché aiuto gli stranieri». Gloria è figlia di un papà che non c’è più, che veniva dalla Nigeria e si era laureato a Padova. I suoi genitori si erano innamorati all’università. Questa sera è prevista una manifesta zione di protesta a Galliera Veneta, alle 18.30, organizzata dal Partito democratico nella piazza del paese. «E’ accaduto di nuovo - denunciano gli esponenti del Pd - purtroppo l’odio verso il diverso e l’intolleranza continuano. Dopo un violento attacco xenofobo, all’auto della ragazza (fatto anche quella volta di scritte ingiu­riose e razziste), c’è stata un’altra manifestazione discriminante. L’unica colpa di Gloria, giovane laureata in portoghese, è il colore della pelle in una terra dove si continua a seminare la cultura dell’intolleranza». Lei, Gloria, a suo tempo aveva risposto che «se qualcuno fa quello che ha fatto, vuol dire che c’è un clima che glielo permette: non lo fa sentire solo, isolato».

fonte: Corriere della Sera

mercoledì 2 dicembre 2009

Il “no” leghista a Sayed mobilita il volontariato

Il mondo del volontariato cittadino scende in piazza per solidarietà a Osama Sayed, il presidente dell’Associazione culturale araba “Badr” che nei giorni scorsi si è visto chiudere la porta in faccia dall’amministrazione comunale.

Motivo del contendere? La richiesta di utilizzo gratuito per domenica prossima della Sala Pertini fatta da Sayed, che da una vita vive in città ed è anche presidente della Consulta locale delle associazioni, per celebrare la tradizionale Festa del Sacrificio Aid Al Adha e per organizzare, nell’occasione, un pranzo per gli anziani non autosufficienti della città. Secco il «no» dell’assessore ai Servizi Sociali leghista Maria Angela Bellini che con una mail inviata a Sayed ha motivato il suo rifiuto definendo una manifestazione di questo tipo «ghettizzante, perché non verte al beneficio di tutti ma solo di una ridotta comunità. Eventi come questo, seppur lodevoli, dovrebbero svolgersi in contesti privati non di proprietà comunale. Per questo esprimo parere sfavorevole a un’eventuale richiesta di un utilizzo oneroso della sala polifunzionale».

Immediata la replica di Sayed, che ha chiesto la cancellazione della sua associazione dall’albo cittadino, e dei partiti d’opposizione, oltre che dei portavoce del volontariato peschierese.
...
Solidali con l’associazione Badr anche l’Aido, l’Arci Isola che non c’è, l’Associazione culturale Bachelet, l’Auser, la Caritas, la Fiab, il Comitato permanente per la pace, la Consulta delle associazioni sportive di Peschiera, la Tribù, la Pro Loco e la sezione locale di Slow Food che per domenica 29 novembre hanno chiesto pubblicamente l’utilizzo della sala Pertini e saranno alle 16 in piazza Paolo VI per manifestare la vicinanza a Sayed, «ribadendo il ruolo importante che la vita associativa svolge in città e che l’atteggiamento di chiusura dimostrato dal giunta è controproducente».

fonte: Ediesse

Il razzismo esplode fra i banchi delle medie "Non ci sediamo con i cinesi: puzzano"

A Quarto Oggiaro, quartiere difficile alla periferia di Milano, i prof convocano i genitori. E il consiglio di classe decide che ogni quindici giorni gli studenti devono cambiare di posto e l’assegnazione dei banchi è decisa dai professori

Tredicenni che non vogliono come compagni di banco gli studenti cinesi, perché dicono che «puzzano». Un’alunna che si alza durante l’ora di matematica e lancia il suo proclama: «L’Italia agli italiani!». Per scardinare quelli che vengono definiti «atteggiamenti razzisti inaccettabili», il consiglio di classe di una terza media della scuola Trilussa, nel quartiere milanese di Quarto Oggiaro, ha preso una decisione drastica: ogni quindici giorni gli studenti devono cambiare di posto e l’assegnazione dei banchi è decisa dai professori.

«Vedere l’aula divisa in “quartieri” dava dolore, ora gli alunni avranno modo di conoscersi davvero», dice Adele Moroni, insegnante di italiano della classe, in cui nove dei 22 studenti sono stranieri. In un mese di sperimentazione, gli studenti hanno dovuto cambiare banco già tre volte. L’ultimo rimescolamento è stato appena fatto. Il progetto è stato preceduto da una lettera ai genitori, convocati a scuola «per discutere la situazione disciplinare della classe», dove in generale «i rapporti fra ragazzi non sono sempre facili».

Più esplicito l’avviso rivolto alle 13 famiglie italiane, in cui si parla di «intolleranza nei confronti dei non italiani». Nell’i ncontro con mamme e papà, martedì scorso, le professoresse hanno illustrato i risultati della nuova strategia di integrazione. «Anche se siamo solo all’inizio — racconta la Moroni — abbiamo avuto segnali importanti. In alcuni casi, commoventi». Una ragazzina marocchina, a cui in passato erano stati sporcati i vestiti “per scherzo” con della vernice, è stata invitata a studiare insieme al pomeriggio dai compagni. Uno studente ecuadoriano «spesso isolato» ora passa l’intervallo in compagnia.

fonte: Repubblica

martedì 1 dicembre 2009

Lombardia, accordo sulla scuola, una norma inapplicabile

Un tetto massimo del 20 per cento di stranieri per classe e un accordo con le prefetture per evitare che gli studenti arrivino dall'estero a lezioni già iniziate: quest'anno gli alunni stranieri iscritti in corsa, dopo il primo giorno di scuola, in Lombardia sono già mille, di cui 400 a Milano. Sono questi i punti saldi del piano per l'integrazione che la Direzione scolastica regionale sta mettendo in atto in vista del prossimo anno scolastico.


Partiamo dal tetto. Oggi a Milano ci sono scuole quasi totalmente frequentate da studenti stranieri. Cosa faranno? Obbligheranno gli italiani ad iscriversi? E gli stranieri sopra il tetto, cosa accadrà? Ci sono interi quartieri in cui la popolazione immigrata supera il 40%, manderanno i figli a chilometri di distanza da casa? E dove? In Montenapoleone?

C'è poi la norma sul primo giorno di scuola. Mettiamo che un cittadino spagnolo o tedesco o francese si trasferisca per lavoro in italia a dicembre e voglia portare con se la famiglia e il figlio di otto anni. Lo stato italiano rifiuterà il diritto allo studio al bambino appena giunto? Credo che questo sia anti costituzionale. Senza voler scomodare chi chiede il ricongiungimento famigliare.

Il problema è reale, la soluzione inapplicabile.

fonte: www.kuda.tk

Casoria, bambolotto di colore infilzato intimidazione razzista al museo

Un bambolotto di colore, alto circa un metro, senza abiti, infilzato come un crocifisso sulle sbarre del cancello del Cam, il Contemporary Art Museum di Casoria. E' questo lo spettacolo inquietante che si sono trovati di fronte stasera il direttore del museo Antonio Manfredi e i suoi collaboratori, arrivati per gli ultimi ritocchi all'allestimento della grande mostra "AfriCam" dedicata all'arte contemporanea africana, che apre il 5 dicembre. Con loro c'erano anche due artisti arrivati per l'occasione per esporre i loro lavori, il ganese Narku Thompson Nii e l'egiziano Mohamed Alaa, che sono rimati impressionati.

"E' stato un chiaro gesto intimidatorio ma certo noi non ci scoraggiamo e andiamo avanti - dice Manfredi, che è andato subito dai carabinieri - Non a caso oggi è uscito l'annuncio della mostra sul giornale locale di Casoria. E' stato un gesto di razzismo vero e proprio. E' stato comunque uno shock, perché è vero che noi siamo abituati come museo a Casoria a stare sempre in lotta per sopravvivere, ma nell'arte non ci aspetteremmo mai azioni di questo tipo che testimoniano una volontà razzista. Nell'arte non pensiamo mai alle ghettizzazioni, noi vogliamo stare al di sopra di queste diversità. L'obiettivo della mostra infatti è di mostrare che anche in situazioni di difficoltà la cultura vince, permane e dà la forza per andare avanti. Tutte le opere in mostra vogliono raccontare che l'Africa non è solo fatta di immigrati disperati, ma ci sono anche artisti e intellettuali. Che magari fanno sculture con la carta riciclata dalla spazzatura, o che lavorano in atelier-baracche. Ma portano colori straordinari in posti fatti di nulla e cenere. L'arte dell'Africa aiuta l'immagine dell'Africa".

Dalla periferia del mondo alla periferia di Napoli. A dar fastidio, forse, la mobilitazione di associazioni e comunità di immigrati e rifugiati africani che il Cam ha attivato. Dall'associazione dei Rifugiati di Napoli, a Ltm Laici Terzo Mondo O.N.G. di cooperazione internazionale, l'Ufficio Diocesano Migrantes, la Comunità di S. Egidio, Medici senza Frontiere, l'Uffico Immigrati della Cgil, il Centro Sociale Autogestito "EX-Canapificio", l'associazione Terra Buona Onlus (con la quale gli artisti Narku Thompson Nii e Mohamed Alaa parteciperanno domani mattina a un laboratorio di pittura creativa e una tavola rotonda con gli studenti delle scuole del territorio dell'area a Nord di Napoli).

fonte: Repubblica

Interpreti sfruttati. In Tribunale

Quattro euro lordi all’ora: questo è il compenso destinato a quei professionisti al servizio della giustizia. Un articolo per “Tu Inviato”

giudiceUn ventesimo di quanto ricevono in Olanda e un sesto, addirittura, del compenso in Albania: ecco il compenso degli interpreti nei tribunali o nelle procure del nostro sfortunato Paese, ecco l’ennesimo esempio di mal funzionamento della giustizia italiana.

Ma chi sono e che funzione hanno queste persone? I dati ci arrivano direttamente da loro, dall’Associazione che hanno fondato a Milano. Nel capoluogo lombardo sono circa una sessantina, provenienti da Paesi diversi ma con una ottima conoscenza della nostra lingua, una preparazione superiore, a volte laureati, molti ormai in possesso della cittadinanza italiana.

Per le capire loro funzioni basta riportare alcune righe di un loro documento: “(…) è inoltre significativo ricordare che le consulenze in questione riguardano indagini relative a narcotraffico, ed altri reati di massima pericolosità”.

Da questo si capisce ruolo e importanza che ricoprono: operazioni di intercettazione che durano ore e ore, magari intere giornate, comprese le notti. Un confronto duro, difficile, con i clan più agguerriti della criminalità internazionale presente sul territorio italiano.

Ci mettono la faccia, firmando i verbali, deponendo ai processi. Devono fare molta attenzione pure nelle comunità di appartenenza. Minacce ci sono già state e anche atti intimidatori, come a Bologna dove a un interprete rom è stata bruciata la roulotte. E lo Stato li ripaga con quattro euro lorde all’ora. Ma neppure questo è vero perché i compensi non arrivano regolarmente, anzi molti di loro stanno aspettando il saldo delle competenze 2008 a cui si vanno ad aggiungere molte delle competenze 2009 non ancora pagate.

“Sembra assurdo, ma è tutto vero. Pure le grandi compagnie telefoniche erano in forte credito, ma hanno fatto la voce grossa minacciato di interrompere il servizio e sono state pagate. Noi invece siamo trattati come lavoratori di serie b, anche come cittadini di serie b. Non ho problemi a pensare che ci sia anche un po’ di razzismo, dopotutto per loro rimaniamo stranieri”, spiega una delle traduttrici che chiede di rimanere anonima.

Difficile lavorare in queste situazione e difficile anche protestare visto i problemi di sicurezza personali dei traduttori. E allora ecco la fuga dei professionisti e l’arrivo di persone senza professionalità, senza una perfetta conoscenza della lingua. Gli esempi sono tanti. Una laureata cittadina italiana è stata sostituita in un’indagine da una studentessa, bionda carina e in minigonna, con permesso di soggiorno scaduto da 4. In quell’occasione intervenne il magistrato. Ma in altre purtroppo no.

fonte: Inviato Speciale

Svizzera: no ai minareti. La Lega: ascoltare il popolo

"Il referendum svizzero ha dimostrato che c'è un paese reale che sulle questioni islamiche ha le idee più chiare del paese ufficiale. A questo punto è urgentissimo lanciare un referendum in Italia: moschee sì, moschee no. Una consultazione propositiva per consentire ai cittadini di esprimersi con chiarezza". E' la proposta lanciata su Affaritaliani.it dall'europarlamentare della Lega Nord Mario Borghezio. Che spiega: "Di fronte alla forte infiltrazione che abbiamo di organismi islamici legati al fondamentalismo, bisogna capire se è ancora pensabile tenere aperte le attuali moschee, autorizzate negli anni scorsi senza alcun controllo preventivo. Diamo la voce al popolo anche in Italia".

fonte: Affaritaliani

sul referendum svizzero si veda IlDerviscio

"Rom vuol dire criminale"

Se si appartiene all'etnia rom, non si può che delinquere. Lo scrivono, in sintesi, i giudici del tribunali dei minorenni di Napoli, con parole che sembrano, francamente, incredibili. La storia è quella della ragazzina rom di 15 anni, accusata di aver rapito una neonata a Ponticelli nel maggio del 2008. Un fatto di cronaca che scatenò la rabbia dei residenti e la devastazione dei campi del popolare quartiere napoletano.

La ragazzina, A.V., grazie alla testimonianza della madre della rapita, è stata condannata in primo grado e in appello a 3 anni e 8 mesi, e da un anno e mezzo è rinchiusa nel carcere minorile di Nisida. L'avvocato ha chiesto prima dell'estate gli arresti domiciliari, ma il tribunale, in sede di appello al riesame, ha bocciato la richiesta. Con una motivazione sconcertante, destinata a scatenare polemiche infinite.

«Le conclusioni indicate» dicono i giudici «sono sostanzialmente confermate dalla relazione depositata in atti dalla quale, a prescindere dalle cause, emerge che l'appellante è pienamente inserita negli schemi tipici della cultura rom. Ed è proprio l'essere assolutamente integrata in quegli schemi di vita che rende, in uno alla mancanza di concreti processi di analisi dei propri vissuti, concreto il pericolo di recidiva». In sostanza, la razza e l'etnia definiscono il comportamento delinquenziale della piccola. Un ipotesi abnorme, visto che stiamo parlando di giudici dello Stato che lo scrivono nero su bianco, e non di un comizio del più intransigente leghista da stadio. «Un precedente gravissimo» sostiene l'avvocato della bambina Cristian Valle, «che basa sulla razza l'ipotesi di condotte criminose. Non solo sulla possibilità di commettere reati, ma pure sulla tendenza a condotte recidive.

La vox populi con la quale si dice che i rom rubano i bambini, diventa certezza giuridica. E' assurdo, indegno. Non ho mai visto una decisione così. In un clima da leggi di stampo razziale, anche i giudici si adeguano». In effetti, con la stessa logica, altri giudici potrebbero giustificare le loro decisioni descrivendo gli schemi tipici della cultura ebraica o islamica, e qualcun altro potrebbe spingersi a discettare - per chiunque vive in terre ad alta criminalità - che napoletani, calabresi o siciliani sono tendenzialmente delinquenti perchè inseriti negli «schemi culturali» di quelle zone. La decisione del tribunale e le parole della motivazione sono state prese collegialmente da quattro giudici, tra togati e onorari (un sociologo e uno psicologo): vuol dire che la maggioranza, almeno tre, erano d'accordo con il tono del rigetto.

fonte: Espresso

domenica 29 novembre 2009

Giovane prostituta incinta muore nell'auto in fiamme, i clienti fuggono

Una giovane prostituta della Sierra Leone, Vivian Alke, 26 anni, incinta di 4 mesi, è morta in un incidente stradale, sbalzata fuori dalla vettura sulla quale si trovava con due clienti, che sono scappati a piedi senza prestarle soccorso. È successo nella tarda serata di sabato lungo la strada provinciale Francesca, non lontano da Pontirolo (Bergamo). La dinamica dello schianto non è ancora chiara. La donna era stata vista dalle colleghe salire sull'auto, una Volkswagen Golf, con due uomini a bordo. Poco dopo lo schianto, nei pressi di un distributore di benzina. La vettura si sarebbe capottata più volte fino a sbattere contro un palo della luce. La prostituta sarebbe stata sbalzata fuori e i due uomini sono riusciti a scappare prima che l'auto prendesse fuoco.

I SOCCORSI - Quando i soccorritori sono arrivati, la giovane, in Italia senza permesso di soggiorno e senza una fissa dimora, respirava ancora ed è stata trasportata al Policlinico di Zingonia, ma a nulla sono serviti i tentativi di salvarla. Dalle indagini dei carabinieri finora è emerso che la vettura era stata rubata a Treviglio (Bergamo) il 9 settembre scorso. Gli inquirenti stanno dando ora la caccia agli occupanti della Golf.

fonte: Corriere della Sera

venerdì 27 novembre 2009

LEGA NORD: ''TAGLIAMO LA CASSA INTEGRAZIONE AGLI EXTRACOMUNITARI''.

Cassa integrazione ridotta per gli extracomunitari. Lo prevede un emendamento della Lega Nord alla finanziaria. In particolare, la proposta del Carroccio, limita per il 2010 a soli sei mesi la durata della cassa integrazione e di qualsiasi altra forma di ammortizzatore sociale che viene erogato ai lavoratori residenti nel territorio italiano non cittadini italiani ovvero comunitari.

Maurizio Fugatti ha spiegato il motivo della proposta.

''Le risorse per gli ammortizzatori sociali - ha detto - sono poche e le esigenze sono molte.

Crediamo che si debbano prima tutelare i cittadini italiani.

Quindi - ha detto Fugatti - abbiamo proposto per gli extracomunitari di limitare a sei mesi la cassa integrazione e gli altri ammortizzatori. Da cio' deriva poi che, se dopo sei mesi il lavoratore extracomunitario non ha trovato un nuovo impiego, si applica la legge Bossi-Fini che prevede l'allontanamento dal territorio italiano''.

Ma un immediato altola' viene dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi: ''Gli ammortizzatori sociali ordinari - ricorda in una nota - corrispondono a diritti soggettivi dei lavoratori, sono sostenuti da contribuzioni dei lavoratori e degli imprenditori, sono, nel caso della cassa integrazione e dei contratti di solidarieta', correlati alla continuita' del rapporto di lavoro che costituisce il presupposto della conservazione del permesso di soggiorno''.

E anche il ministro per le Pari opportunita' esprime disaccordo con la proposta leghista: ''Una provocazione, che sono certa non avra' alcun seguito in Parlamento'', dice Mara Carfagna.

fonte: ASCA

giovedì 26 novembre 2009

Nuovo sgombero di rom a Milano. I volontari del Naga: “accanimento insensato”.

"Saremo inflessibili con chi sgarra”. Non usa mezzi termini il vice Sindaco “sceriffo” e assessore alla Sicurezza del Comune di Milano Riccardo De Corato nel commentare il piano degli sgomberi dei campi nomadi. Dal canto suo, nella lunga intervista pubblicata oggi su “Repubblica Milano”, Letizia Moratti ha liquidato in poche righe la questione, evidentemente troppo presa ad accreditare la propria ricandidatura alla poltrona di sindaco.

E intanto stamane alcune delle persone, circa trenta tra uomini donne e numerosi bambini, sgomberate giovedì scorso dal campo di via Rubattino, sono state nuovamente allontanate dall’ex caserma di viale Forlanini nella quale si erano rifiugiate.

“Ancora una volta non sono state prospettate soluzioni alternative, tanto che non erano stati avvisati neanche i servizi sociali”, denunciano i volontari del Naga (associazione milanese che dal 1987 garantisce assistenza sanitaria, legale e sociale gratuita a cittadini stranieri irregolari e non, a nomadi, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tortura) che parlano di “un accanimento insensato, un allarmismo infondato di fronte all'invocazione di emergenze inesistenti e una continua violazione di diritti e libertà fondamentali”.

Verso le otto del mattino le ruspe del Comune di Milano hanno raso al suolo il nuovo accampamento, proseguendo così l’opera di demolizione avviata una settimana fa quando si è proceduto allo sgombero del campo abitato da circa 200 persone, per lo più cittadini rom di nazionalità rumena, in via Rubattino. “Come ormai succede da anni durante l'era De Corato - avevano subito denunciato i Naga che, da mesi, con il servizio di Medicina di Strada portano assistenza agli abitanti dell'area - anche in questo caso lo sgombero è avvenuto senza alcuna preventiva notifica agli interessati di un provvedimento formale di sgombero, come previsto, invece, dalla normativa nazionale e internazionale, senza alcuna consultazione e dialogo con gli interessati, senza alcuna comunicazione preventiva”.

fonte: Linkontro

Fiaccolata per gli aggrediti da marocchino gruppo si stacca per colpire due immigrati

Giallo a Rovato, nel Bresciano, durante la manifestazione di solidarietà alla coppia colpita brutalmente qualche sera prima. Sospetti sugli ultrà
I carabinieri stanno indagando sull'aggressione a due fratelli di origine kosovara, malmenati a Rovato (Brescia) a margine della fiaccolata di protesta e solidarietà alla coppia brutalmente aggredita mentre era appartata in auto nel piccolo comune della Franciacorta, nella notte del 20 novembre scorso, e per il quale è stato arrestato un immigrato di origine marocchina.

I due immigrati, di 35 e 36 anni, sono stati individuati mentre camminavano in una stretta e buia vietta della cittadina, via Rose, e qui sono stati raggiunti e picchiati da un gruppo composto da una ventina di persone. I due sono stati soccorsi dal personale del 118 e trasportati in ambulanza, rispettivamente in codice giallo e verde, all'ospedale di Chiari: gli sono state riscontrate diverse contusioni e abrasioni che sono state medicate e per le quali non c'è stato bisogno di stilare una prognosi. Nello stesso ospedale è stato portato per un malore anche un manifestante di 36 anni, che sembra però essere del tutto estraneo alla vicenda.

La stragrande maggioranza del partecipanti al corteo non si è accorta dell'aggressione, che secondo gli investigatori potrebbe essere stata compiuta da una frangia di ultrà, provenienti da fuori Rovato, e che nulla avrebbero a che fare con gli organizzatori della manifestazione, sfruttata dunque al solo fine di provocare disordini. I carabinieri stanno lavorando alla loro identificazione.

Alla manifestazione, partita intorno alle ore 20, organizzata dagli amici dei due ragazzi di 19 e 28 anni, hanno preso parte circa 2mila persone, soprattutto giovani, ed era presente anche una delegazione del comune, con il sindaco e alcuni assessori e consiglieri.

fonte: Repubblica

Esportiamo razzisti

Brutto mercoledì. Il Milan deve accontentarsi dell'1-1 a San Siro col Marsiglia (che colpisce una traversa e un palo). Il Bordeaux batte 2-0 la Juve (le basterà un pari a Torino col Bayern). Purtroppo alla ribalta vanno i cori di tifosi juventini contro Balotelli.

Così si deve registrare un ulteriore passo avanti che in realtà è un salto in basso. Dai cori d'insulti a Balotelli a Torino (lui assente, a Barcellona) ieri si è passati ai cori d'insulti a Balotelli a Bordeaux (lui in Italia).

Esportiamo razzisti, è un dato di fatto. Definirli ignoranti o stupidi, come fanno molti dell'ambiente pallonaro, è riduttivo, è sbagliato. Sono razzisti e sono fieri di esserlo. Quando, prima che cominciasse la partita, parte dei tifosi juventini ha intonato il solito coro demente già usato altrove con Lucarelli ("se saltelli muore Balotelli"), l'altoparlante ha ricordato che l'Uefa intende bandire il razzismo dagli stadi, il gruppo di ultrà ha urlato la sua miserabile certezza: "non esistono negri italiani", "un negro non può essere italiano". Un razzista sì, evidentemente. A quel punto Buffon, il capitano, e Secco sono andati a parlamentare e i cori sono cessati.

fonte: Repubblica

Ricordiamo gli abusi sulle donne Rom

Gli attivisti del Gruppo EveryOne hanno ricevuto negli ultimi anni numerosissime segnalazioni di abusi su donne di etnia Rom, anche giovanissime. A causa della vergogna, le vittime Rom non denunciano mai i loro aggressori. Spesso, per lo stesso motivo, non è possibile neppure condurle in ospedale. Oltre agli stupri, le donne Rom subiscono spesso aggressioni razziste e maltrattamenti da parte di intolleranti o anche di uomini in divisa.

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mercoledì 25 novembre 2009

Varallo, divieto di burqa sui cartelli stradali

Vietato l'uso del burqa e del niqab su tutto il territorio comunale. E' quanto è scritto, in italiano e in lingua araba, su vari cartelli che sono stati installati a Varallo su iniziativa del sindaco e deputato leghista Gianluca Buonanno. I cartelli sono realizzati secondo il modello dei divieti stradali. "L'obiettivo dell'Amministrazione è di impedire tale usanza delle donne islamiche che contrasta con le nostre tradizioni e le norme vigenti sulla sicurezza"
fonte: Repubblica

La polizia carica un gruppo di donne che manifestava contro le violenze della polizia nei Cie

Avevo raccontato la storia nel 2006, giova ogni tanto rileggerla.
Anche alla luce di quanto è successo oggi in piazza Cadorna a Milano dove un gruppo di donne è stato caricato e preso a manganellate dalla polizia. Le donne manifestavano contro gli stupri che avvengono che sconvolgente frequenza all'interno dei CIE (gli ex CPT dove gli immigrati vengono tenuti anche 18 mesi in attesa di essere identificati). LA causa del tutto è stato uno striscione che denunciava questi abusi da parte della polizia, non essendo stato tolto ha provocato la carica della polizia.
Questo il volantino che veniva distribuito in piazza.

Fonte: www.kuda.tk

martedì 24 novembre 2009

Rom a Milano. Due sgomberi in tre giorni.

Prima dal campo abusivo di via Rubattino, poi - all'alba - dal sottopasso dove avevano passato la notte. Ecco come un centinaio di nomadi romeni - tra loro almeno quaranta bambini - sono arrivati, ieri mattina, ad occupare una chiesa, la parrocchia di Sant´Ignazio alla periferia nord-est di Milano. Seduti sui banchi, con le loro masserizie accumulate in fondo alla chiesa, hanno aspettato che si trovasse un posto per passare questa notte e le prossime non al freddo, per strada. Un gesto non puramente simbolico, perché solo dopo dodici ore di trattative e solo grazie alla disponibilità della Curia e delle altre associazioni cattoliche della città è stata trovata una soluzione temporanea per le donne e i bambini che, fino allo sgombero, frequentavano le scuole del quartiere e stavano iniziando un percorso di integrazione.

Una giornata di tensione e di febbrili tentativi di mediazione, dopo la decisione del Comune di usare il pugno di ferro con gli irregolari che vivono a Milano. In via Rubattino, giovedì, le forze dell´ordine hanno sgomberato un campo abusivo dove si sono raccolti, dopo l´estate, nomadi già cacciati da altri insediamenti. In un continuo pellegrinaggio erano arrivati in quell´area malsana. Il Comune, sin da subito, ha fatto sapere che c´era posto in comunità solo per le donne con figli sotto i sette anni. I bambini più grandi sarebbero stati divisi dalle mamme e portati in altri alloggi. Inutile il presidio in prefettura per chiedere il tendone della Protezione civile: il Comune ha posto il veto. Un braccio di ferro - con il corollario di uno scarico di responsabilità tra istituzioni - che ha portato i nomadi a rifugiarsi vicino a un ponte della stessa zona. È qui che ieri mattina sono andati i vigili, per sgomberarli di nuovo.

Accompagnati dai volontari delle associazioni, i nomadi sono arrivati nella chiesa del quartiere Feltre. Il parroco ha rifiutato l´intervento delle forze dell´ordine. «La Chiesa accoglie tutti», è la frase che più volte, nella lunga giornata, ripeteranno anche dalla Curia, farà arrivare anche il cardinale Tettamanzi. Il Comune a fine serata riesce a trovare posto solo per sette donne con figli al seguito nel dormitorio di viale Ortles. Tutte le altre - una settantina, compresi i bimbi - vengono portate nelle case di accoglienza di parrocchie e centri cattolici, dove potranno restare almeno per qualche giorno.

Gli uomini vengono ospitati per la notte in un salone della stessa parrocchia. I nomadi hanno assistito alla messa del pomeriggio che don Mario ha concluso con un messaggio dei parroci del decanato. Chiedendo di evitare strumentalizzazioni e invitando anche i rom a cercare di integrarsi, ha sollecitato «le istituzioni pubbliche a occuparsi urgentemente e in maniera lungimirante del problema evitando di dilazionare gli interventi necessari».

Nelle stesse ore il sindaco Moratti partecipava a un convegno alla Casa delle carità diretta da don Virginio Colmegna. Lei ribadiva che il Comune «ha dato un´opportunità di accoglienza a mamme e bambini e loro l´hanno rifiutata», don Colmegna sottolineava: «È urgente cercare insieme nuove forme di convivenza per uscire da una cultura dello scontro e della paura».

fonte: Repubblica

Rom a Milano. Due sgomberi in tre giorni.

Prima dal campo abusivo di via Rubattino, poi - all'alba - dal sottopasso dove avevano passato la notte. Ecco come un centinaio di nomadi romeni - tra loro almeno quaranta bambini - sono arrivati, ieri mattina, ad occupare una chiesa, la parrocchia di Sant´Ignazio alla periferia nord-est di Milano. Seduti sui banchi, con le loro masserizie accumulate in fondo alla chiesa, hanno aspettato che si trovasse un posto per passare questa notte e le prossime non al freddo, per strada. Un gesto non puramente simbolico, perché solo dopo dodici ore di trattative e solo grazie alla disponibilità della Curia e delle altre associazioni cattoliche della città è stata trovata una soluzione temporanea per le donne e i bambini che, fino allo sgombero, frequentavano le scuole del quartiere e stavano iniziando un percorso di integrazione.

Una giornata di tensione e di febbrili tentativi di mediazione, dopo la decisione del Comune di usare il pugno di ferro con gli irregolari che vivono a Milano. In via Rubattino, giovedì, le forze dell´ordine hanno sgomberato un campo abusivo dove si sono raccolti, dopo l´estate, nomadi già cacciati da altri insediamenti. In un continuo pellegrinaggio erano arrivati in quell´area malsana. Il Comune, sin da subito, ha fatto sapere che c´era posto in comunità solo per le donne con figli sotto i sette anni. I bambini più grandi sarebbero stati divisi dalle mamme e portati in altri alloggi. Inutile il presidio in prefettura per chiedere il tendone della Protezione civile: il Comune ha posto il veto. Un braccio di ferro - con il corollario di uno scarico di responsabilità tra istituzioni - che ha portato i nomadi a rifugiarsi vicino a un ponte della stessa zona. È qui che ieri mattina sono andati i vigili, per sgomberarli di nuovo.

Accompagnati dai volontari delle associazioni, i nomadi sono arrivati nella chiesa del quartiere Feltre. Il parroco ha rifiutato l´intervento delle forze dell´ordine. «La Chiesa accoglie tutti», è la frase che più volte, nella lunga giornata, ripeteranno anche dalla Curia, farà arrivare anche il cardinale Tettamanzi. Il Comune a fine serata riesce a trovare posto solo per sette donne con figli al seguito nel dormitorio di viale Ortles. Tutte le altre - una settantina, compresi i bimbi - vengono portate nelle case di accoglienza di parrocchie e centri cattolici, dove potranno restare almeno per qualche giorno.

Gli uomini vengono ospitati per la notte in un salone della stessa parrocchia. I nomadi hanno assistito alla messa del pomeriggio che don Mario ha concluso con un messaggio dei parroci del decanato. Chiedendo di evitare strumentalizzazioni e invitando anche i rom a cercare di integrarsi, ha sollecitato «le istituzioni pubbliche a occuparsi urgentemente e in maniera lungimirante del problema evitando di dilazionare gli interventi necessari».

Nelle stesse ore il sindaco Moratti partecipava a un convegno alla Casa delle carità diretta da don Virginio Colmegna. Lei ribadiva che il Comune «ha dato un´opportunità di accoglienza a mamme e bambini e loro l´hanno rifiutata», don Colmegna sottolineava: «È urgente cercare insieme nuove forme di convivenza per uscire da una cultura dello scontro e della paura».

fonte: Repubblica

A LECCO, PICCHIA SENEGALESE A SCUOLA CON CACCIAVITE

Con l'accusa di lesioni e circostanze aggravanti ai sensi degli artt. 582 e 585 del Codice penale, e' comparso oggi davanti al Giudice monocratico del Tribunale di Lecco, Ambrogio Cerone, un giovane studente dell'istituto di formazione Clerici di Merate che deve rispondere di aver picchiato brutalmente un compagno di scuola senegalese spedendolo in ospedale.

fonte: L'espresso

lunedì 23 novembre 2009

Della sessualità di Maometto e di altri argomenti che forse sarebbe meglio trattare con cura

Ieri alla cena del Kem Kogi Mohamed Ba ha consegnato il suo decalogo ai bambini (e adulti) presenti. Una delle regole dice: "Non pretendere di parlare della cultura degli altri se non la conosci profondamente", o qualcosa del genere.
Ecco, un paio di settimane fa Daniela Garnero, già Santanchè, si dileggiava nel definire Maometto pedofilo per aver preso in moglie una bambina di nove anni. Per giorni ho atteso che qualcuno che ne sapesse chiarisse la questione con dovizia di citazioni. Finalmente è arrivato ilDerviscio che invito a leggere per intero mentre io gli rubo qualche passaggio:
1) Nella societá araba di millequattrocento anni fa, il conteggio degli anni era alquanto approssimativo, specialmente per quanto riguarda l'anagrafe. Gli anni venivano generalmente computati riferendosi ad avvenimenti importanti anziché al conteggio delle lune. Nella biografia del Profeta Mohammed (la pace sia su di Lui) sono ad esempio noti i fatti avvenuti nell'anno dell'elefante, nell'anno dell'Egira o quelli avvenuti nell'anno del lutto.

2) Il matrimonio precoce era alquanto diffuso e, se accettiamo le tradizioni secondo le quali Aisha (la pace sia con Lei) venne sposata all'etá di nove anni, le stesse tradizioni ci tramandano che il matrimonio venne consumato all'etá di quindici, secondo altre tradizioni diciannove, anni.
...
5) La signora Garnero/Santanché, paladino della difesa dei valori occidentali, avrebbe dovuto, prima di dare fiato alle sue strampalate teorie, studiare non solo il Corano, l'esegesi coranica e la Sīrah Rasūl Allāh, la biografia del Messaggero di Dio, ma anche un po' dei vangeli della tradizione cristiana. Quando Maria, madre di Gesú (la pace su entrambi) raggiunse l'etá di dodici anni, il sommo sacerdote cercò in un consesso di vedovi il suo futuro marito. La scelta cadde su Giuseppe il falegname che si schernì dicendo: "Ho già figli e sono vecchio, mentre essa è una fanciulla! Che io non abbia a diventare oggetto di scherno per i figli di Israele!" (Protovangelo di Giacomo, VIII e succ.)

Poi ilDerviscio spiega come l'età di nove anni di Aisha sia alquanto dibattuta e che insigni studiosi ritengono che avesse almeno 14 anni al momento del matrimonio. Ecco, queste spiegazioni non serviranno a convincere nessuno, anche perchè nessuno si pone il problema se il Profeta fosse pedofilo o meno, però sono fondamentali per capire che la realtà è complessa, non possiamo sempre pretendere di interpretarla con le categorie che conosciamo.

fonte: www.kuda.tk

"Denunciate al Comune i clandestini" Il manifesto della giunta leghista

L'invito alla denuncia del clandestino arriva alla fine di un manifesto che riporta un paio di articoli e relative pene del decreto Maroni sulla sicurezza: "Chiunque fosse a conoscenza della presenza sul territorio comunale di immigrati clandestini è pregato di comunicarlo con tempestività al sindaco, all'ufficio di polizia municipale o all'ufficio anagrafe del Comune per i necessari atti conseguenti. Grazie della collaborazione". Firmato: l'amministrazione comunale.

Da una settimana a San Martino dall'Argine, mille e ottocento abitanti a 25 chilometri da Mantova, nel comune con la più bassa percentuale di immigrati di tutta la provincia, sono comparsi i manifesti. In centro e in periferia, vicino alle scuole e lungo le strade che portano alle piccole fabbriche e alle aziende agricole. Dopo il caso bresciano di Coccaglio, dove la giunta leghista ha inaugurato i controlli agli immigrati con il permesso di soggiorno in scadenza intitolandolo al "Bianco Natale", ora un altro comune lombardo invita tutti i residenti a segnalare gli irregolari. "L'obiettivo è informare sulle nuove norme. Ora bisogna stare attenti a dare in affitto le case, magari non a norma, a clandestini", spiega il sindaco Alessandro Bozzoli, indipendente alla guida di un'amministrazione Lega-Pdl.

fonte: Repubblica

domenica 22 novembre 2009

Latina, strage dei braccianti fantasma indiani senza luci travolti sulle strade

Li chiamano invisibili, perchè sono clandestini senza documenti della cui esistenza pochi sanno e pochi vogliono sapere. Ma sono invisibili anche fisicamente, almeno di notte, quando percorrono senza luci - a piedi o in bicicletta - le strade dell'Agro Pontino, nelle cui serre lavorano. Così invisibili da morire investiti da un'auto o un camion, come è accaduto, venerdì 20 novembre ad uno di loro. Si chiamava Jaswinder Singh, aveva 40 anni ed era originario del Punjab.


L'ennesimo incidente con un ciclista travoltoFANTASMI SU DUE RUOTE - Jaswinder è uno dei «fantasmi» che vivono nella vasta pianura della bonifica a sud di Roma, in quella fertile pianura di Latina che è il grande orto del centro Italia: verdure, kiwi, fiori. Si calcola siano circa 7000 i braccianti indiani che lavorano - con o senza permesso di soggiorno - nella provincia di Latina.
Jaswinder Singh, citadino indiano, è morto sulla statale Pontina venerdì sera, investito tra Sabaudia e Terracina. La dinamica è sempre la stessa: tornava a casa in sella alla bicicletta, senza luci, senza alcun segnale luminoso, senza documenti indosso. E adesso c'è chi chiede controlli sulle strade.

I dati ufficiali della Polizia stradale parlano di tre morti nel 2009 e due feriti gravi tra la comunità di braccianti impiegata nelle campagne tra Latina, Sabaudia e Terracina. Ma questi numeri non rendono l’idea dell’effettiva emergenza e pericolosità del fenomeno degli incidenti causato da ciclisti che ogni sera tornano presso i loro giacigli senza uno straccio di fanale. Di incidenti ce ne sono ogni giorno, ma sfuggono alle statistiche (si stima possano essere tre volte più dei numeri ufficiali) così come la reale consistenza della comunità sikh che abita in provincia di Latina.

fonte: Corriere della Sera

Al via le ronde dei vicini di casa il Pirellone: segnalate i sospetti

Dopo il flop delle ronde del ministro Maroni, il Pirellone affida la sicurezza ai vicini di casa. Il progetto del "controllo di vicinato" dell’assessore regionale Stefano Maullu, del Pdl, prende spunto dal Neighbourhood Watch anglosassone, riveduto e corretto in chiave lombarda. Prevede che i sindaci affidino direttamente ai cittadini, ma più ancora alle associazioni di categoria e agli amministratori di condominio, il compito di fare da sentinella nei quartieri delle città. Annotare targhe di macchine sospette, affacciarsi se un cane abbaia o se nei pressi dell’appartamento del vicino si aggira qualche faccia poco rassicurante, o denunciare la presenza di un clandestino nel vicinato. Per poi segnalare il tutto alle forze dell’ordine. Con tanto di appositi cartelloni e adesivi per scoraggiare i malintenzionati.

Con slogan come "Questa è una zona sotto il controllo del vicinato" o "Attento, in questo quartiere c’è chi ti osserva ed è pronto a chiamare la polizia", all’ingresso delle principali vie e dei negozi dei quartieri a rischio. In cambio, le amministrazioni che aderiranno al progetto otterranno dal Pirellone un punteggio maggiore nell’assegnazione delle risorse sulla sicurezza. Che tra il 2003 e il 2008 sono state pari a ben 90 milioni di euro. A Milano il progetto partirà a gennaio. Prima nei quartieri Baggio, San Siro e Affori, per poi estendersi a Buenos Aires e Paolo Sarpi.

fonte: Repubblica

venerdì 20 novembre 2009

Crocefisso in bar e ristoranti (ma non se vendi kebab)

Casteldelci, 500 abitanti, piccolo comune incastrato nell’appennino riminese, proprio sotto il monte Fumaiolo, dove si trovano le sorgenti del Tevere. È da qui che parte la crociata contro Strasburgo, in difesa “dei fondamentali valori civili e culturali dello Stato Italiano”. Con un’ordinanza inedita (la n.4 del 16 novembre 2009) il sindaco leghista Mario Fortini ha introdotto l’obbligo dell’affissione del crocifisso in tutti i locali ed esercizi pubblici, pena una multa di 500 euro.

Dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che vieta in sostanza la presenza nelle scuole del simbolo della cristianità, il sindaco Fortini ha deciso di “dare l’esempio” e fare da solo, in forza anche del ricorso del governo italiano contro la decisione della corte. Nell’ordinanza il sindaco “ordina di esporre immediatamente il Crocefisso in tutti gli edifici pubblici presenti nel territorio di questo Comune, quale espressione dei fondamentali valori “civili” e “culturali” dello Stato Italiano”.

Per “edifici pubblici” si intendono però, è lo stesso sindaco a spiegarlo, “anche i pubblici esercizi quali ristoranti e bar e tutti i titolari di una licenza statale”, non solo scuole ed edifici amministrativi. Praticamente qualsiasi luogo che non sia un’abitazione privata. Tra un paio di settimane i vigili urbani del paese cominceranno con i controlli. Chi non avrà ottemperato all’ordinanza e si vedrà somministrato un verbale da capogiro potrà contestarlo in diversi modi: in via informale andando al palazzo comunale per spiegare le sue ragioni “Se per esempio uno vende i kebab ed è di dichiarata fede musulmana – spiega il sindaco – non ci sono obiezioni”. In tutti gli altri casi o per chi non ha intenzione di dover spiegazioni per quanto riguarda il proprio credo religioso, non resta che ricorrere al Tar (il Tribunale amministrativo regionale) dell’Emilia Romagna oppure al Presidente della Repubblica.

fonte: Il Carattere via Piovono Rane

Brenda:Pm Roma, omicidio volontario

La procura di Roma procede per omicidio volontario nel quadro degli accertamenti sulla morte del transessuale Brenda. Nell'abitazione di via Due Ponti c'e' stato stamattina un sopralluogo: erano presenti il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ed il sostituto Rodolfo Sabelli, titolari dell'inchiesta sul caso Marrazzo, il procuratore aggiunto Filippo Laviani, cui sono delegati i casi di omicidio, ed il sostituto Pierluigi Cipolla, magistrato di turno.

fonte: ANSA

Il personal computer di Brenda, la transessuale coinvolta nello scandalo Marrazzo trovata morta, sarebbe stato trovato nel lavandino dell'appartamento, bagnato come se fosse stato immerso in acqua. Secondo fonti investigative, il dettaglio farebbe supporre ad un gesto volontario per rendere il pc inutilizzabile. Il computer è stato prelevato dagli uomini della Squadra mobile della questura di Roma per analizzarne il contenuto.

fonte: TGCOM

Il corpo del transessuale Brenda, coinvolta nella vicenda di Piero Marrazzo, è stata trovata carbonizzata all'interno di un appartamento in via Due Ponti 180, a Roma stamani. Era in uno scantinato, al piano seminterrato, trasformato in una abitazione. Si indaga per omicidio volontario. Ben quattro magistrati hanno effettuato il sopralluogo presso l'abitazione dove è stato trovato il corpo del trans: si tratta del pm Pierluigi Cipolla (che era di turno esterno), del procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani (che ha la delega per gli omicidi) e dei due che indagano sul caso Marrazzo, il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il pm Rodolfo Sabelli. Stando a quanto accertato, la casa di Brenda, posta in un seminterrato, era costituita da una stanza di 10 mq, una zona soppalcata di 8 mq (dove è stato trovato il cadavere) e un piccolo bagno.

"È inquietante", ha commentato Luca Petrucci, legale di Piero Marrazzo: "Bisogna indagare - dice Petrucci - per vedere se c'è qualcosa di più grosso di quel che sia già emerso". "Non posso pensare - spiega il penalista - che la settimana scorsa questa persona è stata aggredita e rapinata e da poche ore è morta bruciata. Vanno approfondite le cause, capire che cosa c'è dietro. Anche se non ho nessun elemento per aggiungere qualcosa in più se non quello che apprendo dai media, dico che forse le indagini stanno scoperchiando un sistema simile a quello della Uno Bianca dove si mettevano, tra l'altro, a tacere i testimoni. In questo senso - conclude l'avvocato Petrucci - ritengo giusto mettere sotto protezione Natalie (altro trans che frequentava Marrazzo, ndr)".

fonte: Affaritaliani

Le Lega, la stampa, il razzismo e la menzogna

Oggi la Lega nord patavina ha rilanciato la proposta di «applicare di una percentuale omogenea di alunni stranieri per classe» e di abolire i «bacini di residenza» per l'iscrizione dei bambini alle scuole dell'obbligo. L'iniziativa, di cui da conto il Mattino di Padova di oggi, fa esplicito riferimento ad una «polemica» di qualche giorno fa che riguardava due scuole della periferia padovana, l'elementare Giovanni XXIII e la media Pacinotti. La settimana scorsa sempre il Mattino riportava con evidenza il titolo: «50% di alunni stranieri, la rivolta dei genitori padovani». «Di quale rivolta si trattasse lo sa solo la giornalista - commentano, masticando amaro, gli insegnanti della scuola elementare Giovanni XXIII - visto che il giorno prima in consiglio di interclasse i rappresentanti dei genitori si erano espressi in modo positivo nei confronti della scuola e anzi avevano proposto delle iniziative utili a valorizzarne promuoverne le attività (castagnata, mercatino di Natale, risistemazione del giardino, ecc.)».

Evidentemente, lo desumiamo anche da verifiche fatte sul campo, una polemica tutta «mediatica», frutto della particolare visione che impera nella redazione del Mattino: l'immigrazione è un «problema», i figli degli immigrati un «peso», la convivenza, quando va bene, è «problematica». Una visione che impedisce di vedere delle cose [e ne fa vedere delle altre, magari senza verificarle]: la quotidiana accoglienza, il rispetto reciproco, la collettiva ricerca della convivenza. Una realtà che è evidente a chiunque abbia solo sbirciato tra le aule delle scuole, malgrado i terribili problemi che la scuola sta vivendo. Indagare questa realtà - ambivalente e complicata e non comprensibile per chi cerca facili slogan - fa del mestiere del giornalista una bella cosa, perfino utile. Così invece ci si riduce a tirare la volata alla Lega che costruisce campagna d'odio, la sua specialità, basandosi su titoli, diciamo così, azzardati. «Voi non fate altro che costruire muri tra le persone - scrivono le insegnanti della Giovanni XXIII, rivolgendosi alla redazione del Mattino -, etichettandole e dividendole, sperando in qualche avvenimento spaventoso per potervi immergere le vostre penne sordide. Vogliamo dire a voi chiaro e tondo basta, almeno noi che con durezza e tenerezza giorno per giorno lavoriamo per l’integrazione, ricevendo da questa esperienza un senso vero della vita e uno scopo alto di umanità». Ci sarebbe da meditare, tra uno strillo e l'altro.

fonte: Carte Estnord

Sgomberato un campo rom a Sesto san Giovanni (Mi)

Ieri a pochi chilometri di distanza si sono consumate due tragedie specuilari:
- via Rubattino, Milano. De Corato (che ha fatto assegnare l'Ambrogino d'oro ai poliziotti ATM antiimmigrati) ha deciso lo sgombero del campo rom. Senza alcun preavviso e senza ascoltare le richieste di genitori, insegnanti, associazioni, il Comune ha sgomberato il campo rom che sorgeva nell'ex area Enel di via Rubattino e che ospitava quasi trecento persone, tra cui 50 minori. Per tutta la giornata donne e bambini sono stati lasciati sotto la pioggia ad osservare le loro baracche distrutte dalle ruspe. Il Comune non ha pensato a nessuna soluzione alternativa per loro, nonostante il campo fosse abitato da persone che erano inserite in percorsi di integrazione sia scolastica che lavorativa, nonostante nei giorni scorsi ci fosse stata una manifestazione contro lo sgombero. L'amministrazione è di destra e PD e PRC lamentano i modi.
- via Luini, Sesto san Giovanni. Il capogruppo PDL in comune denuncia che è stato sgomberato un campo rom e accusa l'Amministrazione di centrosinistra di «nulla aver fatto per tutelare quei cinque o sei bimbi che vivono in condizioni inumane».

Morale. Che tu sia di destra o di sinistra, l'importante è dare l'impressione di fare il duro con i deboli se governi, o di essere il difensore degli oppressi se sei all'opposizione. Nella sostanza non si risolve il problema, si prova a buttarlo sulle spalle delle amministrazioni vicine.

fonte: www.kuda.tk

giovedì 19 novembre 2009

Roma: Trasferiti gli afghani di Capitan Bavastro

Il video e l'intervista di Peacereporter

C'era aria di mobilitazione, ieri, nelle fondamenta. Gli afgani di Capitan Bavastro, i giovani profughi che hanno vissuto per molti mesi accampati in tende e baracche, preparavano le valigie. A mezzogiorno sarebbero arrivati i bus della Croce Rossa Italiana (Cri) per il trasferimento al Centro accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Castelnuovo di Porto, la grande base logistica che si trova sulla provinciale Tiberina. Ognuno con la valigia o un sacco nero dove raccogliere le loro cose. Coperte, qualche abito, cibo, sapone, pettine. Molti di loro hanno perso il conto di quante volte hanno riempito il borsone delle loro cose per andare altrove, chissà dove. Ai volontari di Medu, i Medici per i diritti umani chiedevano: "Dove ci portano? Quanto è lontano?". Le rassicurazioni ai vari Mohammed, Ibrahim, Wahid: stavano andando in un posto dove ci sarà un tetto, dei letti e dei bagni che possono essere definiti tali. Sorridevano, erano felici. Ma in cuor loro preoccupati: è vero, lasciano un posto che ha strappato loro dignità, riservatezza e igiene, ma vengono allontanati anche da Roma dove tantissimi sono riusciti a infilarsi nel tessuto sociale divenuto loro familiare. Si chiedono, ora, se potranno continuare ad andare alla scuola di italiano e quelli che hanno trovato un lavoro, se riusciranno a raggiungere ogni mattina le botteghe e i cantieri.

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Blitz all'alba, sgomberato il campo rom di via Rubattino

E' scattato all'alba di giovedì lo sgombero del campo rom nell'area ex Enel di via Rubattino a Milano. Una settantina di vigili urbani e un contingente composto da polizia e carabinieri in assetto antisommossa hanno buttato giù dal letto le famiglie e le hanno costrette a lasciare le baracche. Al momento dell’operazione erano presenti sull’area, oggi di proprietà della Rubattino Srl, circa un centinaio di nomadi, alcuni dei quali potrebbero trovare una sistemazione provvisoria alla Casa della Carità. Inutile la fiaccolata organizzata domenica sera da alcune associazioni del quartiere e dalle maestre dei bambini per scongiurare il blitz. Nel campo, anche in seguito agli arrivi dovuti agli sgomberi di altri campi irregolari, le presenze di nomadi erano passate negli ultimi mesi da una cinquantina a circa 200 (di cui circa 70 bambini), quasi tutti di origine romena.

Dure le prime reazioni: «Mentre l'assessore Moioli celebra l'anniversario della Carta dei diritti all'infanzia - affermano i consiglieri comunali David Gentili (Pd) e Patrizia Quartieri (Prc) - in via Rubattino l'esperienza di integrazione di 40 bambini nelle scuole del quartiere viene calpestata dalle ruspe. Uno sgombero che è una vergogna per Milano. Si fa propaganda politica sulla vita dei bambini». «Alle porte dell'inverno, dopo le mobilitazioni del quartiere e delle insegnanti delle scuole che ospitano i bambini, pensavo, ingenuo, che ciò non sarebbe accaduto - prosegue Gentili -. Non c'è limite all'utilizzo della vita delle persone per fare propaganda politica». Di «ennesima violazione di diritti fondamentali», parla l'associazione Naga. Nel settembre scorso anche Amnesty International si era schierata pubblicamente contro un eventuale sgombero con la forza pubblica del campo di via Rubattino e aveva sollecitato i propri sostenitori a sottoscrivere un appello al prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi in cui lo si invitava «a non eseguire lo sgombero forzato». Per Amnesty questo tipo di operazioni «eseguite senza protezione legale, sono proibite dal diritto internazionale in quanto costituiscono una grave violazione di una serie di diritti umani, in particolare, del diritto a un alloggio adeguato».

Sulle polemiche sollevate dallo sgombero, De Corato replica che «anche questa volta, particolare riguardo, è stato rivolto all’accoglienza dei minori: peccato che chi oggi strumentalmente alza la voce su questo aspetto non abbia mai detto una parola sulla vergogna della tratta dei minori rom seviziati, costretti a prostituirsi o a rubare». «Gli operatori dei Servizi Sociali - dichiara l’assessore Moioli - d’intesa con la Prefettura e le realtà del privato sociale, si stanno già occupando di mamme e bambini attraverso un progetto condiviso, elaborato negli scorsi giorni: a tutti è stata offerta la possibilità di essere ospitati presso strutture d’accoglienza, ma solo sei famiglie hanno accettato il ricovero il comunità».

fonte: Corriere della Sera